Un
altro viaggio nel passato della Reyer, divertente e con spunti di
attualità. I protagonisti sono stati i due ex reyerini Luca
Silvestrin (nella foto con il piatto celebrativo delle sue 500 presenze in serie A) e Piero Ceron, in occasione del terzo appuntamento di
Aperitivo Granata, il ciclo di incontri dell'Associazione Culturale
Costantino Reyer dedicato alla storia reyerina. Nella serata tenutasi
alla Bio-Osteria del PalaPlip di Mestre si è parlato degli anni
Settanta, l'epoca del “basket-boom” a Venezia e Italia,
sconfinando fino ai primi anni Ottanta.
I compagni
Un periodo in cui il livello tecnico del basket italiano aveva toccato il suo apice. «Arrivavano stranieri quasi sempre fortissimi, non certo come adesso – ricorda Silvestrin. Erano solo due ma di grande qualità, gente che faceva la differenza. E anche di italiani forti ce n'erano davvero tanti». Non a caso a fine anni Settanta alla Reyer arrivano tra gli altri due nazionali come Della Fiori e Serafini. «Erano giocatori di alto livello. Serafini, per me che ero giovanissimo, è stato un fratello maggiore. E' lui ad avermi insegnato il mezzo gancio. Gli devo tantissimo». Per non parlare di Stefano Gorghetto o Lorenzo Carraro, allora bandiera della Reyer e che Piero Ceron ricorda bene. «Toccava a me cercare di difendere su di lui in allenamento. Era inarrestabile, fisicamente potente, un carattere tosto: non lo fermava nessuno».
Gli allenatori
Figura di riferimento di quegli anni era il “Paròn”, ovvero Tonino Zorzi. Silvestrin. «Ha cresciuto intere generazioni di atleti. Noi giocatori di quegli anni gli dobbiamo tantissimo. Pretendeva molto, a volte era duro. Ma era come un padre. Difendeva il gruppo da tutto e da tutti, ti sentivi tutelato e per lui ti saresti buttato nel fuoco».
Tocca invece a Ceron raccontare del grande Aza Nikolic, il “professore”. «Più che un allenatore, era un santone. I suoi metodi erano di un rigore incredibile. Ricordo come fosse ieri l'allenamento fatto il 31 dicembre. Usciamo dall'Arsenale e al momento di salutarci ci dice “Ci vediamo domani alle nove”. Al momento tiriamo un sospiro di sollievo, pensando intendesse le nove di sera. Invece, dopo aver fatto una pausa, conclude lapidario: “Di mattina”».
La finale di Barcellona
Passaggio obbligato nel sentiero dei ricordi, è la finale di coppa Korac dell'81, persa in maniera rocambolesca a Barcellona, che Silvestrin visse in prima persona. «Di quella sfortunata partita dobbiamo sfatare un falso mito. La palla persa non fu colpa di Nane Grattoni. Semmai erano le nostre “stelle” a essersi un po' nascoste sulla rimessa. Lui ebbe il coraggio di andarsi a prendere il pallone, ma era il meno indicato per vedersi fischiare un fallo, non essendo famoso. Infatti non glielo fischiarono e scivolò perdendo il pallone. Eravamo in stanza assieme, come sempre. E so bene quanto abbia sofferto quella notte».
L'attualità
L'incontro con i numerosi tifosi presenti è stato anche un'occasione per parlare dell'attualità e del bel momento che sta vivendo il gruppo di Recalcati. «Questa squadra mi piace molto – è l'opinione di Silvestrin. La scelta vincente è stata quella di puntare sul gruppo di Siena e portarlo qui. E poi Recalcati è una garanzia. Questa squadra deve arrivare almeno in semifinale. Se così non fosse sarebbe una delusione». Segue ovviamente da vicino le vicende della prima squadra anche Piero Ceron, papà di Marco. «Il suo esordio in serie A è stata una bellissima soddisfazione. Ormai mi conoscono come il “papa di Marco” e la cosa fa davvero un bell'effetto».
I compagni
Un periodo in cui il livello tecnico del basket italiano aveva toccato il suo apice. «Arrivavano stranieri quasi sempre fortissimi, non certo come adesso – ricorda Silvestrin. Erano solo due ma di grande qualità, gente che faceva la differenza. E anche di italiani forti ce n'erano davvero tanti». Non a caso a fine anni Settanta alla Reyer arrivano tra gli altri due nazionali come Della Fiori e Serafini. «Erano giocatori di alto livello. Serafini, per me che ero giovanissimo, è stato un fratello maggiore. E' lui ad avermi insegnato il mezzo gancio. Gli devo tantissimo». Per non parlare di Stefano Gorghetto o Lorenzo Carraro, allora bandiera della Reyer e che Piero Ceron ricorda bene. «Toccava a me cercare di difendere su di lui in allenamento. Era inarrestabile, fisicamente potente, un carattere tosto: non lo fermava nessuno».
Gli allenatori
Figura di riferimento di quegli anni era il “Paròn”, ovvero Tonino Zorzi. Silvestrin. «Ha cresciuto intere generazioni di atleti. Noi giocatori di quegli anni gli dobbiamo tantissimo. Pretendeva molto, a volte era duro. Ma era come un padre. Difendeva il gruppo da tutto e da tutti, ti sentivi tutelato e per lui ti saresti buttato nel fuoco».
Tocca invece a Ceron raccontare del grande Aza Nikolic, il “professore”. «Più che un allenatore, era un santone. I suoi metodi erano di un rigore incredibile. Ricordo come fosse ieri l'allenamento fatto il 31 dicembre. Usciamo dall'Arsenale e al momento di salutarci ci dice “Ci vediamo domani alle nove”. Al momento tiriamo un sospiro di sollievo, pensando intendesse le nove di sera. Invece, dopo aver fatto una pausa, conclude lapidario: “Di mattina”».
La finale di Barcellona
Passaggio obbligato nel sentiero dei ricordi, è la finale di coppa Korac dell'81, persa in maniera rocambolesca a Barcellona, che Silvestrin visse in prima persona. «Di quella sfortunata partita dobbiamo sfatare un falso mito. La palla persa non fu colpa di Nane Grattoni. Semmai erano le nostre “stelle” a essersi un po' nascoste sulla rimessa. Lui ebbe il coraggio di andarsi a prendere il pallone, ma era il meno indicato per vedersi fischiare un fallo, non essendo famoso. Infatti non glielo fischiarono e scivolò perdendo il pallone. Eravamo in stanza assieme, come sempre. E so bene quanto abbia sofferto quella notte».
L'attualità
L'incontro con i numerosi tifosi presenti è stato anche un'occasione per parlare dell'attualità e del bel momento che sta vivendo il gruppo di Recalcati. «Questa squadra mi piace molto – è l'opinione di Silvestrin. La scelta vincente è stata quella di puntare sul gruppo di Siena e portarlo qui. E poi Recalcati è una garanzia. Questa squadra deve arrivare almeno in semifinale. Se così non fosse sarebbe una delusione». Segue ovviamente da vicino le vicende della prima squadra anche Piero Ceron, papà di Marco. «Il suo esordio in serie A è stata una bellissima soddisfazione. Ormai mi conoscono come il “papa di Marco” e la cosa fa davvero un bell'effetto».
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