venerdì 23 dicembre 2011

Vianello nella Hall of Fame italiana


Era già tra i più grandi campioni di sempre. Ora il nome di questo “reyerino doc” entra di diritto nella galleria senza tempo degli uomini e delle donne che hanno fatto la storia cestistica dell’Italia. Gabriele Vianello, 127 volte azzurro e tre Olimpiadi in bacheca, è stato nominato nella Hall of Fame della pallacanestro italiana. 

La decisione è stata ratificata dal Consiglio federale dello scorso 16 dicembre quando, insieme al campione veneziano, sono stati ammessi anche Rosetta Bozzolo (categoria Giocatrici), Bruno Duranti (categoria Arbitri), Aldo Allievi, Giovanni Maggiò ed Emilio Tricerri (categoria “Alla memoria”), la Nazionale maschile medaglia d'Argento ai Giochi Olimpici di Mosca 1980 (categoria Squadre), Valter Scavolini (categoria "Una vita per il basket") e Dido Guerrieri, che della Reyer fu tecnico nella stagione 1981-’82, per la categoria degli allenatori.

Conosciuto come “Toni” nella sua città d’origine e come “Nane” in tutto il resto del paese, Vianello segue tuttora le vicende della Reyer con immutato entusiasmo. Al termine della scorsa stagione consegnò il Premio di giocatore del Decennio della Legadue all’attuale capitano granata Alvin Young, in un ideale trade-union tra passato e presente della storia orogranata.

Vianello, che vestì anche le maglie di Motomorini Bologna, Pallacanestro Varese e Olimpia Milano, conquistando 5 scudetti e 1 Coppa dei Campioni, è il terzo reyerino ad entrare nell’empireo della pallacanestro italiana, dopo Tonino Zorzi (categoria allenatori nel 2010) e Sergio Stefanini (Alla memoria nel 2010).

(foto: archivio Giulio Geroli)

L’Associazione Culturale Costantino Reyer si congratula con l’ex giocatore granata, che rappresenta tuttora quel bagaglio di valori e di esperienze che non vanno dimenticati, ma anzi preservati e fatti conoscere a tutti i cittadini veneziani e a tutti gli sportivi italiani.

giovedì 15 dicembre 2011

Virtus-Reyer, il ritorno di una Classica

Quando Reyer-Virtus valeva uno scudetto. Quando Reyer-Virtus era lo scontro diretto per il quarto posto, dietro al triangolo lombardo. Quando Reyer-Virtus significava punteggi altissimi e spettacolo assicurato. Insomma Reyer-Virtus è una classica della nostra pallacanestro, che ritorna ai nostri giorni, in un epoca completamente diversa, di squadre “melting-pot” e società votate al marketing.

La sfida più eroica è forse quella di Viareggio nel 1946 (nella foto in alto, le Vu nere dell'epoca). Siamo nell’immediato dopoguerra, l’Italia cerca di risollevarsi dalle macerie della seconda guerra mondiale. Venezia e Bologna si ritrovano in Versilia per il primo scudetto del dopoguerra, la Reyer con i favori del pronostico, la Virtus nel ruolo di eterna sfidante. Quella finale è stata ricostruita da Aldo Giordani, che ci ha lasciato la testimonianza di un pezzo di storia italiana nel brano “Oh Viareggio” tratto da “Il cammino verso la stella”, mentre Virtus e Reyer si contendevano il primo scudetto di una nuova era.

Non è un caso se Andrea Mazzon in settimana ha dichiarato al Corriere dello Sport che «la prima squadra che mi viene in mente quando penso alla pallacanestro italiana è la Virtus». La Bologna bianconera significa la completa identificazione tra la città e questo sport, più ancora di Milano, dove pure si è vinto oltre ogni record, ma dove la pallacanestro non è mai stato tanto pervasiva quanto nel capoluogo felsineo.

Forse anche per questo Venezia-Bologna è stata spesso una partita speciale. Negli anni ’70 significava una sorta di spareggio per cercare di insidiare la dittatura di Milano, Varese e Cantù. Negli anni ’80 è stato il palcoscenico di campioni irripetibili. Per la Virtus, Brunamonti e Villalta su tutti. Per la Reyer Dalipagic e Radovanovic. Inutile sottolineare che proprio contro la Dietor Virtus allenata da Sandro Gamba nel gennaio del 1987, il Drago di Mostar incise nella storia la celebre prestazione dei 70 punti.

Saprà Canadian Solar Bologna - Umana Venezia riaccendere anche solo in parte quelle emozioni? Al parquet di Casalecchio di Reno, domenica, l’ardua sentenza.